LA GRAVIDANZA PRIMA TI INVECCHIA, POI TI RINGIOVANISCE. ECCO COME

Secondo la leggenda metropolitana, la gravidanza è un momento meraviglioso durante il quale la donna entra in connessione col proprio futuro bambino, la pelle e i capelli splendono, la gente ti cede il posto sull’autobus e puoi mangiare tutto quello che vuoi. Come in tutte le leggende, c’è un fondo di verità, ma la medaglia ha anche un’altra faccia: la gravidanza è un fattore di stress fisiologico naturale. E, si sta scoprendo, invecchia. Di ben 2 anni.

Chiunque ci sia passata sa già perfettamente che la gestazione, al netto della soggettività individuale e dell’età, richiede un certo impegno al corpo della donna. Ma i ricercatori adesso stanno indagando se ci sia un effetto anche sull’invecchiamento, e pare proprio di sì: i 9 mesi ti ‘regalano’ per l’appunto circa 2 anni in più.

Ma la cosa davvero interessante è che l’effetto sembra essere reversibile. E che quindi la traiettoria dell’invecchiamento non sia unidirezionale, cioè non vada solo ‘in avanti’.

Una vera sorpresa, che può essere utile sotti vari aspetti: intanto per capire gli effetti di vasta portata e di lungo periodo che la gravidanza ha sul corpo femminile, e l’eventuale maggiore propensione a sviluppare malattie a causa dell’invecchiamento accelerato. Ma c’è anche un altro filone che diventa esplorabile: come si può ritardare l’insorgere della vecchiaia.

L’età biologica può fluttuare nel tempo

Uno studio della Yale School of Medicine, pubblicato a fine marzo su Cell Metabolism e dal titolo ‘The effects of pregnancy, its progression, and its cessation on human (maternal) biological aging (Gli effetti della gravidanza, la sua progressione e la sua cessazione sull’invecchiamento biologico umano (materno), ndr)’, ha indagato gli effetti della gravidanza sul DNA femminile al netto di altri fattori tra cui l’età materna, l’etnia, l’istruzione, il reddito familiare e l’indice di massa corporea pre-gestazione, che hanno un peso sulla velocità con cui si invecchia.

I dati confermano un precedente studio del 2023 dell’Harvard Medical School, svolto su femmine di uomo e di topo, dal quale era emerso che l’età biologica subisce rapide fluttuazioni, che lo stress invecchia parecchio ma che, se recuperi, gli effetti si invertono, e infine che la gravidanza, come la chirurgia e il covid, è uno dei fattori stressanti che ‘aggiungono anni’ all’organismo.

Nello studio della Yale School of Medicine, guidato da Kieran J. O’Donnell, i ricercatori hanno analizzato 119 donne in vari momenti della gravidanza e dopo il parto, rispetto a un fenomeno noto come metilazione del DNA (un meccanismo che, tramite il trasporto di metili, consente alle cellule di regolare l’espressione genetica, ndr), che indica il grado di invecchiamento di cellule e tessuti e che è indipendente dalla componente genetica che influenza il nostro orologio biologico.

Risultato: durante la gravidanza le donne hanno mostrato livelli di metilazione del DNA tipici di donne più grandi, quindi le loro cellule presentavano un invecchiamento accelerato.

Ma dopo il parto, la sorpresa: le donne avevano biologicamente da 3 a 8 anni meno di quelli che avevano all’inizio della gravidanza. Un effetto più blando per chi prima della gestazione era in sovrappeso e più alto per chi allattava esclusivamente al seno.

Il peso di stile di vita e ambiente

La gravidanza entra dunque nel novero degli aspetti che influiscono sull’età biologica, ma, sottolineano gli autori dello studio, sono molti i fattori che agiscono sull’invecchiamento e sul ‘ringiovanimento’. Stile di vita, dieta e ambiente in cui si vive hanno un notevole impatto sull’epigenetica e di fatto rendono difficile determinare ciò che costituisce una quantità ‘normale’ di invecchiamento biologico.

Non si tratta solo di un problema scientifico, ma addirittura sociale. Come dice O’Donnell, “è impossibile ignorare le scioccanti disparità” che esistono tra i vari individui. Dietro i comportamenti delle persone, infatti, ci sono ragioni personali ed economiche che non possono essere ignorate.

Bisogna perciò stare attenti, sottolinea, a che studi come quello da lui stesso condotto non portino a stigmatizzare ad esempio chi ha un peso corporeo più alto, per la maggiore probabilità di invecchiamento precoce, oppure a far sentire le donne obbligate ad allattare esclusivamente al seno magari con l’idea di ‘ringiovanire’.

In definitiva, sostiene O’Donnell, invece di porre tanta enfasi sull’individuo occorre impegnarsi in cambiamenti strutturali e politici, tra cui l’aumento dei finanziamenti per la ricerca sulla salute materna. Questo, nell’ottica di aiutare “i genitori prima, durante e dopo la gravidanza e di migliorare la salute e il benessere delle prossime generazioni”.

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